"Perché i bambini piccoli amano tanto il gioco del cucù? Perché nel passaggio tra l'essere visti e il non essere visti stanno mettendo in atto, in forma di gioco,il fatto stesso della loro esistenza. Essere visti
significa esistere, non essere visti equivale a non esistere. E nel gioco è molto importante chi è che ti vede e chi tu vedi. Non è un gioco che potresti fare con un nemico.”
(Aidan Chambers - La penna di Anna Frank – equilibri)
significa esistere, non essere visti equivale a non esistere. E nel gioco è molto importante chi è che ti vede e chi tu vedi. Non è un gioco che potresti fare con un nemico.”
(Aidan Chambers - La penna di Anna Frank – equilibri)
Quando abbiamo visto il bando di concorso del Dipartimento dell'Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS) per posti di insegnamento all'interno del centro federale per richiedenti d'asilo, ci si sono rizzati i capelli in testa.
Non ci sembrava possibile che un Cantone Ticino che porta avanti come un suo marchio distintivo l'inclusione in campo educativo, proponesse ai figli dei richiedenti d'asilo alloggiati nel centro federale una scuola interna alla struttura, agli antipodi dei principi inclusivi a livello pedagogico.
Ci siamo dati da fare e abbiamo espresso il nostro deciso disaccordo su questa scelta:
ci siamo impegnati ad argomentare la necessità di inserire queste classi di accoglienza negli istituti scolatici comunali e cantonali. Trovate nella nostra presa di posizione e nelle lettere scritte al DECS tutte le ragioni per cui siamo decisamente contrari alla scolarizzazione di bambini e ragazzi in strutture chiuse e segreganti.
Tanto più che il centro federale per richiedenti d'asiloha un regolamento più che restrittivo che lo avvicina alle caratteristiche di una struttura carcerarua (vedi il documento: Ordinanza di esercizio per Centri Federali).
Abbiamo avuto nel mese di aprile 2019 un incontro con l'onorevole Bertoli, capo del DECS e alcuni suoi collaboratori e in seguito uno scambio di lettere. Malgrado la positiva esperienza fatta all'Istituto scolastico comunale di Biasca dove in un primo momento è stata inserita la classe di accoglienza per figli di richiedenti d'asilo ospitati al centro federale (settembre 2019 – febbraio 2020), nel corso del mese di marzo 2020 il DECS ha deciso di traslocare questa classe all'interno del Centro Federale provvisorio per richiedenti d'asilo a Pasture (Novazzano).
Non ci capacitiamo di questa ostinazione e continuiamo a ribadire che si tratta di una scelta sbagliata pedagocicamente, didatticamente e soprattutto umanamente.
Non ci sembrava possibile che un Cantone Ticino che porta avanti come un suo marchio distintivo l'inclusione in campo educativo, proponesse ai figli dei richiedenti d'asilo alloggiati nel centro federale una scuola interna alla struttura, agli antipodi dei principi inclusivi a livello pedagogico.
Ci siamo dati da fare e abbiamo espresso il nostro deciso disaccordo su questa scelta:
ci siamo impegnati ad argomentare la necessità di inserire queste classi di accoglienza negli istituti scolatici comunali e cantonali. Trovate nella nostra presa di posizione e nelle lettere scritte al DECS tutte le ragioni per cui siamo decisamente contrari alla scolarizzazione di bambini e ragazzi in strutture chiuse e segreganti.
Tanto più che il centro federale per richiedenti d'asiloha un regolamento più che restrittivo che lo avvicina alle caratteristiche di una struttura carcerarua (vedi il documento: Ordinanza di esercizio per Centri Federali).
Abbiamo avuto nel mese di aprile 2019 un incontro con l'onorevole Bertoli, capo del DECS e alcuni suoi collaboratori e in seguito uno scambio di lettere. Malgrado la positiva esperienza fatta all'Istituto scolastico comunale di Biasca dove in un primo momento è stata inserita la classe di accoglienza per figli di richiedenti d'asilo ospitati al centro federale (settembre 2019 – febbraio 2020), nel corso del mese di marzo 2020 il DECS ha deciso di traslocare questa classe all'interno del Centro Federale provvisorio per richiedenti d'asilo a Pasture (Novazzano).
Non ci capacitiamo di questa ostinazione e continuiamo a ribadire che si tratta di una scelta sbagliata pedagocicamente, didatticamente e soprattutto umanamente.