ASSOCIAZIONE PROGETTO AULA 13
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Parlate

19/3/2020

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C’è una maestra che, a inizio autunno, convoca i genitori dei suoi scolari.
Gli scolari hanno sette anni, alcuni, forse, non li hanno ancora compiuti.
La maestra fa questo discorso:
 
“Genitori, in questa classe quattordici  allievi su venti  sono stranieri.
Sono molto deboli in italiano, anche in grammatica.
Perciò,
fateli leggere e PARLATE BENE.
Altrimenti saremo la classe peggiore.
 
Una mamma, montenegrina o kossovara o curda, fa notare che loro in casa parlano un’altra lingua e la parlano bene.
 
Le domande sono queste:
  • cosa avrà risposto la maestra alla mamma che parla un’altra lingua?  
  • parlare bene significa parlare in italiano?
  • i bambini che parlano un’altra lingua sono i peggiori in italiano?
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Miss Alloglotti

19/3/2020

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Un uomo incontra una docente che si occupa dei bambini alloglotti, quelli che parlano un’altra lingua in famiglia e sono arrivati da poco. L’uomo conosce la docente perché sono vicini di casa.
La saluta dicendo:
 
“Buongiorno, miss Alloglotti. Ce ne sono ancora di stranieri qui a scuola?”
L’uomo non attende la risposta, non è abituato ad ascoltare.
Afferma sarcasticamente e sibilando un po’ tra i denti:
“Ah già, non ci sono più stranieri, qui, dopo quindici giorni, sono già tutti svizzeri”.
 
 
Le domande sono queste:
  • la docente si sarà sentita bella?
  • cosa penserà l’uomo della svizzeritudine?
  • l’uomo è contento che i bambini stranieri diventino svizzeri in tempo rapido?
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Luciano

19/3/2020

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C'è un bambino che si chiama Luciano.
Questo nome gli è stato regalato dai genitori per due motivi: Luciano è il nome del nonno materno che insegna al nipotino molti nomi di piante. Ed è anche il nome di un cantante d'opera, un tenore commovente che i suoi genitori ascoltano volentieri.
 
Luciano ora frequenta la terza elementare e da un po' di tempo i suoi compagni hanno cominciato a storpiare il suo nome. Hanno cominciato con il gioco delle rime a dire: Luciano Melograno , ma lui non se la prende troppo perchè suo nonno gli ha raccontato che il melograno fa dei dei fiori e dei frutti meravigliosi. Ogni tanto Luciano e il nonno fanno una passeggiata in un vigneto dove c'è un melograno.
 
Inoltre Luciano ama giocare con le rime e ne ha inventata una per la sua compagna Martina che gli piace: “Martina, sei splendente come una lampadina”. L'ha scritta su un biglietto colorato che ha fatto scivolare nella tasca della giacca a vento color argento di Martina, appesa in corridoio.
 
Negli ultimi giorni però le cose sono peggiorate. Alcuni compagni hanno inventato degli altri nomi per lui: Luciano Villano, Luciano Strano  e addirittura Luciano Deretano .
Un venerdì pomeriggio, a ricreazione, un compagno gli ha detto chiaro e tondo: “Luciano, puzzi come un deretano, se cerchi di essere nostro amico, sarà invano”.
 
Da quel giorno Luciano non va più molto volentieri a scuola e gli viene anche un po' da piangere. Va a sedersi su un sasso dove c'è una bella luce e pensa che i genitori avrebbero dovuto dargli un altro nome.
 
Le domande sono queste
 
I compagni sanno perchè i genitori di Luciano  hanno scelto quel nome per lui?
I compagni di Luciano sanno il significato del nome che portano?
Luciano è un nome strano? È un nome che fa ridere?
Ci sono altri nomi che ci inquietano, magari perchè non riusciamo a pronunciarli bene?
Cosa fareste voi al posto di Luciano?
Cosa potrà fare il maestro con Luciano e i suoi compagni?
Secondo voi Luciano avrà raccontato ai genitori quello che gli capita in classe?
Si possono fare delle rime gentili anche con il nome Luciano?
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La tazzina

19/3/2020

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Volevo mostrarvi, ma purtroppo ho dimenticato di portare, una tazzina da caffè.
 
La tazzina è piccola, vecchia di almeno trenta anni e credo provenga dalla Cina.
 
È di colore bianco con delle decorazioni in verde, rosso e oro. Non ha il manico.
 
Apparteneva a mia madre.
 
Quando nel mio paese è cominciata la guerra, i miei genitori hanno dovuto lasciare la loro casa che è stata bruciata.
 
Dopo la guerra, sono andata là e ho rovistato tra le macerie. L'unica cosa, l'unico oggetto che ho trovato intero era

questa mia tazzina. Per questo motivo la tengo come un oggetto importante e prezioso.
 
Quando ho nostalgia del mio paese e dei miei parenti, bevo caffè da questa tazzina pensando che probabilmente è
 
stata tenuta nelle mani delle mie nonne, in quelle di mia mamma, di mio papà, di mio fratello, dei miei zii.
 
Scritto da una donna croata
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La stringa

19/3/2020

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La stringa per quella volta preferì slacciare piuttosto che allacciare.
Si era sciolta e aveva migrato nell'ingranaggio, inconsapevole, imprudente, quasi sfrontata.
 
Alla stringa era attaccata una scarpa, alla scarpa un piede, al piede un bambino attratto dalla bici rossa fiammante che lui doveva assolutamente cavalcare.
 
Il giro nel cortile rischiava di traballare, di trangugiare, forse, un piede, di trasgredire le regole dell'appartenenza, di tralasciare.
 
A un certo punto l'operatrice specializzata in sguardi attenti percepì il pericolo e intravvide in modo sensibile l'eventualità del tracollo e la probabile rottura del collo del piede.
Corse in soccorso, soccorse per evitare un decorso negativo e sostenne, come recitava il suo mandato, il bambino pericolante.
 
Arrivò perentoria la collega della proprietaria legittima della bici e cominciò a strillare che le bici vanno lasciate nelle apposite rastrelliere, che la proprietà privata è un principio sacrosanto su cui si fonda la nostra società civile.
 
Ci vide rosso, come la bici, e andò a chiamare la collega cicloamatrice.
Le due donne riverberavano ostilità verso il bambino che forse era togolese.
Sospettarono il furto e/o il danneggiamento volontario, il boicottaggio deliberato, l'attentato incipiente.
 
Fu convocata la cellula di crisi in cortile, i commissari costatarono il danno e commentarono.
Vennero a galla antiche rabbie e parole imprecise.
 
Il bambino, ignaro della “mazza”, si allontanò contento per il suo piede salvato e per l'ebbrezza del giro supplementare in bici.
 
Poi arrivò il padre, comunque africano, e sfilò con pazienza la stringa dall'ingranaggio con l'aiuto di una tessitrice professionista.
 
Non furono altrettanto pazienti le due donne che, senza indugio, decretarono:
la bici è salva, ma il cambio zoppica. Si convochino il togolese e suo padre.
 
Non si sa se fu intentato un processo alle intenzioni.
 
 
Le domande sono queste
 
Il bambino togolese voleva rubare la bici?
Un stringa serve prevalentemente per slacciare o per allacciare?
Dopo il giro in bici ci fu l'allacciamento di rapporti tra la proprietaria della bici e il bambino o venne coltivato il dissidio?
Il bambino ha potuto spiegare come mai ha pensato di poter usare una bici rossa nel cortile?
Il padre, la tessitrice e l'operatrice specializzata in sguardi attenti furono ringraziati?
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Kitumbùa

19/3/2020

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Viene su dalla panchina alla fermata Ramsen Sonne, nel canton Sciaffusa, il profumo di kitumbùa, raccontato in tedesco scorrevole da Tahir che viene dalla Somalia.
Le kitumbùa, dice, sono come i Gipfel ma ancora più saporite e si cucinano in modi diversi.
 
L'anno scorso, Tahir, con duemila franchi in tasca elargitigli per incoraggiare il rientro, è tornato in Somalia. Desiderava andar giù a sposarsi una donna meravigliosa.
 
Tahir è partito dopo sei anni di permanenza in Svizzera e laggiù non ha trovato la sposa, si è trovato nei paraggi di una bomba che ha ucciso trecento persone accanto a lui. Tahir ci ha perso il braccio destro e ha rimediato una potente ustione al sinistro.
 
Alla fermata del bus non parla della bomba, non è necessario, quella storia la porta in giro nel suo corpo ferito. Racconta della Somalia che ha il più bello di tutti i mari, dove nuotano pesci che non si possono vedere altrove.
 
E parla del suo sogno: comperare un bus in Tanzania e fare la guida per i turisti tedeschi. Il tedesco è moneta preziosa e lui sa come farla fruttare.
 
Non mancheranno, prima del viaggio, delle gustose kitumbùa.
 
La bomba non ha massacrato i suoi sogni e noi tre ci chiediamo dove sia andato Tahir a pescare la forza per avere ancora fame di futuro.
 
Forse nel più bel mare di tutti i mari, forse nel ricordo di quel sapore e di quei profumi di casa. Kitumbùa, Tahir.
 
Paolo, 20 luglio 2018
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Kebab

19/3/2020

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Picture
C’è un uomo robusto nella corporatura e nel carattere: quando parla ha un piglio deciso e quasi severo, a volte si concede buone dosi di sarcasmo. L’uomo di mestiere fa l’insegnante in un piccolo paese dove ci sono due classi multiple: per anzianità e considerata la sua rudezza gli vengono sempre affidati i bambini più grandicelli.
Nella classe da due anni è presente anche un allievo turco: l’allievo potrebbe chiamarsi Celal o Kerem o Alì o anche un altro nome, ma il maestro lo chiama Kebab.
Il bambino turco non dice niente e forse anche i suoi compagni cominciano a chiamarlo Kebab.
 
le domande sono le seguenti
 
  • il maestro non sa come si chiama uno dei suoi allievi?
  • il maestro non sa come pronunciare il nome dell’allievo e non osa chiederlo ai suoi genitori?
  • il maestro si fa chiamare dai suoi amici “lüganiga, formaggio dell’alpe, salamino”?
  • al maestro piace mangiare il kebab?
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I nostri

19/3/2020

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Il mese di ottobre arrivano in classe due nuovi bambini: una bambina che parla l’arabo e un bambino che parla il tigrino. I compagni di classe si incuriosiscono alle loro lingue e cominciano a mettere in tavola le parole che loro conoscono e quelle che vorrebbero imparare.
A loro volta, i bambini che parlano italiano decidono di pensare ad una scatola di parole da offrire ai nuovi arrivati.
 
Dopo qualche giorno due mamme arrivano dalla docente e dicono:
 
“Signora maestra, come mai non siamo state informate dell’arrivo di questi due bambini stranieri? Lei doveva farci sapere e magari chiedere anche il nostro permesso. Se si continuano a prendere stranieri in classe, non ci sarà più tempo per i nostri bambini.”
 
Le domande sono queste:
 
  • i bambini stranieri sono creature che portano per definizione la difficoltà in classe?
  • la curiosità per le lingue mette in difficoltà l’apprendimento dell’italiano?
  • se si impara la parola salam alekum poi ci si saluterà in arabo?
  • se i bambini fossero pervenuti da Lugano, le mamme sarebbero accorse preoccupate a scuola?
  • sarà possibile accordarsi tra adulti sul valore della curiosità reciproca o prevarrà la diffidenza verso le sonorità sconosciute?
  • se si resiste al viaggio ci si sente più stabili e sicuri nella terra in cui siamo nati per caso?
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A Norma di legge

19/3/2020

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C’è un ministro che non batte ciglio e crea scompiglio col suo cipiglio.
Viene a sapere che i due bambini dell’Ecuador vanno a scuola nel Cantone, precisamente a Contone. Allora lui non si contiene e ordina un’inchiesta per contenere il diritto all’istruzione.
Convoca il padre dei bambini e gli dice:
 
“A norma di legge lei è un turista,
i turisti non vanno a scuola
e la soluzione è una sola: FUORI,
per voi non ci sono matite e colori”.
 
Dopo questo discorsetto il padre dei due bambini torna “spontaneamente” in Spagna con la famiglia.
 
Le domande sono queste:
  • il ministro cosa pensa dei diritti universali dei bambini?
  • è stato chiesto un parere ai compagni di scuola e ai docenti delle rispettive classi?
  • la procedura seguita dal ministro è un invito esplicito ai docenti di darsi alla clandestinità allorquando dovessero accogliere nella loro classe un bambino “irregolare”?
  • ci sarà ancora qualche famiglia dell’Ecuador che riterrà cosa buona inserire i figli a scuola?
  • il ministro preferisce ai bambini visibili a scuola i bambini “invisibili” davanti ai grandi magazzini?
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Invisibili

19/3/2020

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C’è un ministro che, forse ispirandosi al suo nome, considera la norma come valore assoluto.
In un paese del Cantone che si chiama Contone, due bambini dell’Ecuador vorrebbero andare a scuola.
Il ministro afferma col suo tono abitualmente perentorio:
 
“A norma di legge
i bambini senza fissa dimora
a scuola non devono passare neanche un’ora”.
 
Le domande sono queste:
  • il ministro legge bene la legge?
  • se il bambino dell’Ecuador non va a scuola e magari poi non legge, come fa a leggere la legge?
  • come può essere clandestino un bambino che si può vedere quasi tutti i giorni davanti alla Coop?
il ministro va a fare spesa alla Coop?
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