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I nostri

19/3/2020

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Il mese di ottobre arrivano in classe due nuovi bambini: una bambina che parla l’arabo e un bambino che parla il tigrino. I compagni di classe si incuriosiscono alle loro lingue e cominciano a mettere in tavola le parole che loro conoscono e quelle che vorrebbero imparare.
A loro volta, i bambini che parlano italiano decidono di pensare ad una scatola di parole da offrire ai nuovi arrivati.
 
Dopo qualche giorno due mamme arrivano dalla docente e dicono:
 
“Signora maestra, come mai non siamo state informate dell’arrivo di questi due bambini stranieri? Lei doveva farci sapere e magari chiedere anche il nostro permesso. Se si continuano a prendere stranieri in classe, non ci sarà più tempo per i nostri bambini.”
 
Le domande sono queste:
 
  • i bambini stranieri sono creature che portano per definizione la difficoltà in classe?
  • la curiosità per le lingue mette in difficoltà l’apprendimento dell’italiano?
  • se si impara la parola salam alekum poi ci si saluterà in arabo?
  • se i bambini fossero pervenuti da Lugano, le mamme sarebbero accorse preoccupate a scuola?
  • sarà possibile accordarsi tra adulti sul valore della curiosità reciproca o prevarrà la diffidenza verso le sonorità sconosciute?
  • se si resiste al viaggio ci si sente più stabili e sicuri nella terra in cui siamo nati per caso?
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